William Shakespeare, Venere corteggia Adone
“Non stancherò le tue labbra
saziandole:
le renderà più avide l'eccesso,
io le farò arrossire e impallidire
in modi sempre nuovi; dieci baci
saranno un bacio, un solo bacio venti.”
Venere e Adone -
Il mito
Un successo universale e sempreverde è quello della storia di Venere e Adone, riportata nel X libro delle “Metamorfosi” di
Ovidio.
Adone, nato dalla corteccia della madre Mirra trasformata in arbusto, diventa un giovano di rara bellezza, appassionato di caccia. Per
errore, Amore ferisce la dea Venere con una freccia, e Venere si innamora teneramente e appassionatamente del di Adone. Per Adone, comunque, la passione per la caccia è più forte di quella per la
dea: nonostante gli abbracci, le carezze e gli avvertimenti di Venere, il giovane parte per una battuta di caccia al cinghiale, che, infuriato per una ferita, azzanna Adone provocandogli una
mortale ferita all’inguine. Venere accorre, ma è troppo tardi, così non le resta che trasformare il sangue dell’amato esanime nei rossi fiori dell’anemone, una delle frequenti metamorfosi
botaniche della mitologia.
Questo riassunto dell'Adone di Giovan Battista Marino non può che partire da una considerazione elementare: il poema forse va considerato come il frutto più
rappresentativo della letteratura barocca in Italia. Venne pubblicato nel 1623 dopo che l'autore vi lavorò per venticinque anni. Conoscere la trama e la struttura
dell'opera può aiutare a comprendere meglio quest'epoca.
Complessivamente si tratta di un poema epico formato da più di 40.000 endecasillabi, divisi in più di 5000 ottave e
venti canti (tanti quanti quelli della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso), anche
se il poeta cerca quanto più possibile di staccarsi dal modello dell'epica tradizionale, il che costituisce una caratteristica propria della sua epoca; il Barocco, infatti, cerca non solo di
sorprendere il lettore, ma anche di applicarsi nella commistione dei generi, tanto che in arte la manifestazione più compiuta è rappresentata dal "bel composto", ossia dal misto di scultura,
pittura e architettura che si può notare ad esempio nell'Estasi di Santa Teresa o nella
tomba di Alessandro VI.
Nel nostro caso, Adone non è
un eroe epico, ma piuttosto una creatura dedita a godimento delle sensazioni temporanee e passeggere; inoltre, la storia non tratta di eventi bellici, come invece accadeva nella tradizione
omerica.
Analisi e commento dell'Adone
La trama riguarda la favola
mitologica di Adone e Venere: Venere si innamora del bellissimo Adone, ma tale sentimento induce la gelosia del dio Marte, che lo fa assalire da un cinghiale provocandone ferite mortali.
L'esilità della storia costituisce solo un pretesto: si pensi infatti che il poeta latino Ovidio la racconta in poco più di settanta versi, mentre l'Adone è il poema più ampio della letteratura italiana!
Lo scopo di Marino è un altro: costruire una sorta di enciclopedia di tutto ciò che è conosciuto, rappresentando l'intero Cosmo attraverso la parola nel suo continuo movimento. Sono presenti tutta
una serie di narrazioni secondarie e parallele, che confluiscono in ampie digressioni; esse sono talmente lunghe che finiscono per far perdere il filo logico della narrazione. A volte la stessa scena è ripetuta e replicata più volte, attraverso la variazione, per
mettere in luce il virtuosismo del poeta.
Si può anche parlare di divagazione; un esempio è costituito, nel finale, dal matrimonio, benedetto dalla dea, tra Fiammadoro e
Austria, ossia tra Francia e Spagna. L'idillio dell'esperienza amorosa ed erotica domina completamente la scena e diviene il senso ultimo della narrazione; del resto lo spazio è finto,
artificiale, anche se la scena è ambientata a Cipro, e non sembra esistere nient'altro al di fuori del grande giardino dell'isola.
Unico elemento di coesione del
testo è costituito dal narratore, che è poi l'autore stesso, il quale descrive ed evoca una realtà ricca e preziosa, in cui l'appagamento dei sensi è la sola cosa importante. È stato anche
detto che il vero protagonista dell'opera è il linguaggio, ricco di metafore e suggestioni, abbandonato con grazia al concettismo più minuzioso.
Famosa è la seguente ottava in cui il narratore si rivolge alla rosa, che con una spina ha punto il piede della dea Venere; in
essa, infatti, si ritrovano tutti gli elementi elencati:
"Rosa riso d'Amor, del Ciel
fattura,
Rosa del sangue mio fatta
vermiglia,
pregio del mondo, e fregio di
Natura,
de la Terra e del Sol vergine
figlia,
d'ogni Ninfa e Pastor delizia e
cura,
onor de l'odorifera
famiglia,
tu tien d'ogni beltà le palme
prime,
sovra il vulgo de' fior Donna
sublime".
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Padre della scienza moderna, Galileo Galilei è il gigantesco pensatore grazie
al quale si diffuse un nuovo modo di fare scienza, fondato su un metodo solido non più basato sull'osservazione diretta della natura, bensì sull'utilizzazione degli strumenti
scientifici.
L’importanza di essere uno scienziato
Nella storia della scienza Galileo Galilei occupa una posizione eccezionale per i risultati ottenuti in meccanica e astronomia; suo merito fu inoltre l’aver gettato le basi della dinamica,
enunciando in forma moderna il principio di inerzia, quello della composizione dei movimenti, spello della relatività delle velocità, rispetto a osservatori in moto uniforme e stabilendo per
primo con chiarezza che l’effetto dell’applicazione di una forza è un’accelerazione (e non una velocità, come si riteneva ancora ai tempi suoi).
L’importanza di Galileo Galilei nella storia del pensiero è dovuta però soprattutto all’innovazione del metodo della ricerca; pur non avendo mai discusso sistematicamente il problema
metodologico, egli più volte descrisse nelle sue opere un modo di procedere, sintesi di analisi sperimentale e di trattazione matematica, che è divenuto da allora il metodo della scienza moderna.
Tale processo può essere schematizzato in quattro fasi, anche se la ricchezza dell’indagine galileiana non sempre è contenibile in termini così rigidi:
- il primo momento consiste nella raccolta dei dati sui fenomeni (la
sensata esperienza)
- cui segue la formulazione di un’ipotesi interpretativa (assioma) come
legge matematica che abbracci nel modo più semplice e generale possibile le informazioni dell’esperienza;
- quindi, attraverso un terzo passo (il progresso matematico), si
deducono le conseguenze logiche dell’ipotesi;
- poiché però «i discorsi nostri hanno ad essere intorno al mondo
sensibile, e non sopra un mondo di carta», occorre la verifica sperimentale (cimento) che sola può convalidare la teoria.
L’indagine di Galileo Galilei utilizza quindi la matematica come metodo, ma desume dall’esperienza il valore di verità degli asserti: proprio in questo carattere di verifica diretta risiede
l’elemento di rottura di tutta l’opera dello scienziato rispetto alla tradizione. Nelle sue polemiche, spesso anche aspre, con gli aristotelici, egli poté rivendicare a sé di essere il vero
seguace di Aristotele poiché le asserzioni del filosofo greco si rifacevano all’esperienza e non a un principio di autorità; e sullo stesso piano quelle asserzioni potevano essere confutate
quando nuove esperienze e più potenti strumenti di osservazione avessero mutato le informazioni sui fenomeni. In questo modo Galileo Galilei fondò la moderna scienza della natura come disciplina
autonoma, indipendente dalla religione o dalla filosofia, che solo nell’indagine diretta degli eventi trova le sue verità.
DIALOGO SOPRA I DUE MASSIMI SISTEMI DEL MONDO
Dedica
Serenissimo Gran Duca, la differenza che è tra gli uomini e gli altri animali, per grandissima che ella sia, chi dicesse poter
darsi poco dissimile tra gli stessi uomini, forse non parlerebbe fuor di ragione. Qual proporzione ha da uno a mille? e pure è proverbio vulgato, che un solo uomo vaglia per mille, dove mille non
vagliano per un solo. Tal differenza depende dalle abilità diverse degl'intelletti, il che io riduco all'essere o non esser filosofo: poiché la filosofia, come alimento proprio di quelli, chi può
nutrirsene, il separa in effetto dal comune esser del volgo, in piú e men degno grado, come che sia vario tal nutrimento. Chi mira piú alto, si differenzia piú altamente; e 'l volgersi al gran
libro della natura, che è 'l proprio oggetto della filosofia, è il modo per alzar gli occhi: nel qual libro, benché tutto quel che si legge, come fattura d'Artefice onnipotente, sia per ciò
proporzionatissimo, quello nientedimeno è piú spedito e piú degno, ove maggiore, al nostro vedere, apparisce l'opera e l'artifizio. La costituzione dell'universo, tra i naturali apprensibili, per
mio credere, può mettersi nel primo luogo: che se quella, come universal contenente, in grandezza tutt'altri avanza, come regola e mantenimento di tutto debbe anche avanzarli di nobiltà. Però, se
a niuno toccò mai in eccesso differenziarsi nell'intelletto sopra gli altri uomini, Tolomeo e 'l Copernico furon quelli che sí altamente lessero s'affisarono e filosofarono nella mondana
costituzione. Intorno all'opere de i quali rigirandosi principalmente questi miei Dialoghi, non pareva doversi quei dedicare ad altri che a Vostra Altezza; perché posandosi la lor dottrina su
questi due, ch'io stimo i maggiori ingegni che in simili speculazioni ci abbian lasciate loro opere, per non far discapito di maggioranza, conveniva appoggiarli al favore di Quello appo di me il
maggiore, onde possan ricevere e gloria e patrocinio. E se quei due hanno dato tanto lume al mio intendere, che questa mia opera può dirsi loro in gran parte, ben potrà anche dirsi di
Vostr'Altezza, per la cui liberal magnificenza non solo mi s'è dato ozio e quiete da potere scrivere, ma per mezzo di suo efficace aiuto, non mai stancatosi in onorarmi, s'è in ultimo data in
luce. Accettila dunque l'Altezza Vostra con la sua solita benignità; e se ci troverrà cosa alcuna onde gli amatori del vero possan trar frutto di maggior cognizione e di giovamento, riconoscala
come propria di sé medesima, avvezza tanto a giovare, che però nel suo felice dominio non ha niuno che dell'universali angustie, che son nel mondo, ne senta alcuna che lo disturbi. Con che
pregandole prosperità, per crescer sempre in questa sua pia e magnanima usanza, le fo umilissima reverenza.
Dell'Altezza Vostra Serenissima
Umilissimo e devotissimo servo e vassallo
GALILEO GALILEI
Introduzione
Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632) è un trattato scientifico in forma dialogo diGalileo Galilei (1564-1642) a
sostegno della teoria eliocentrica
copernicana rispetto al modello geocentrico tolemaico appoggiato all’auctoritas di Aristotele e della filosofia scolastica. L’opera di Galileo verrà messa all’Indice nel 1633 e l’autore costretto ad abiurare le proprie tesi.
Temi e contenuti
Il Dialogo si innesta nel più ampio processo di smantellamento della cosmologia aristotelico-tolemaicache anticipa la rivoluzione
scientifica a cavallo tra Seicento e Settecento, culminando poi nella filosofia dell’Illuminismo. Il
dialogo si pone del resto al culmine del percorso di ricerca galileiano, che va dal Sidereus Nuncius (1610) al Saggiatore (1623), passando per le Lettere Copernicane. In accordo con i principi del metodo
sperimentale e fondando le proprie argomentazioni sulle osservazioni concrete condotte con l’uso
del cannocchiale, Galilei focalizza l’attenzione sulla questione delle maree, sostenendo la tesi
- al giorno d’oggi, rivelatasi errata - che esse sarebbero il risultato della rotazione della Terra (e quindi, come prova decisiva a sostegno del sistema eliocentrico).
Tuttavia, per ottenere l’imprimatur ecclesiastico e per scansare le polemiche in ambito aristotelico e
religioso (in particolar modo, tra i Gesuiti) sorte nel 1624 con Il Saggiatore, Galilei opta
per modificare il titolo originario Dialogo sopra il flusso e il reflusso delle maree e appunto per la
struttura dialogica, in cui, in modo apparentemente neutrale, i diversi personaggi presentano le due tesi e le prove a supporto. Da questo “dialogo”, protrattosi nella finzione dell’opera
per quattro giorni, emerge la bontà delle tesi galileiane. L’ambientazione è quella
del palazzo di Giovanni Francesco Sagredo (1571-1620).
I personaggi del Dialogo sono:
-
Giovanni Sagredo, nobiluomo veneziano amico personale
di Galileo e gran appassionato di scienze, che è ipoteticamente è super partes,
incarnando l’uomo di cultura che è naturalmente predisposto al dialogo culturale e all’apertura
mentale. In questo senso, ben presto Sagredo propende per le assennate dimostrazioni a favore del copernicanesimo piuttosto che per le infondate tesi aristoteliche a base del geocentrismo.
-
Filippo Salviati (1571-1620), astronomo e nobile
fiorentino, è aperto sostenitore della teoria eliocentrica; egli contesta il principio d’autorità
cui si appella Simplicio ed illustra a Sagredo, in modo chiaro e comprensibile, i fondamenti scientifici del modello copernicano. Spesso Salviati si appella allo
stesso Galileo, celato dietro il nome di “Accademico Linceo”, per comprovare le proprie
affermazioni.
-
Simplicio, sostenitore dell’aristotelismo (il suo
nome sarebbe quello di Simplicio di Cilicia, un commentatore di Aristotele del VI secolo d.C.) e delle teorie geocentriche. Simplicio - nel cui nome è presente una sfumatura ironica, tanto che alcuni critici ne hanno paragonato la caratterizzazione a quella
di Calandrino nel Decameron -
è l’emblema dello scienziato-filosofo rinascimentale, ancora legato al principio d’autorità e al
rispetto deferente della filosofia scolastica, anche quando questa sia in evidente conflitto con i dati empirici. Nei confronti di Simplicio e del suo dogmatismo fine a se stesso il narratore
del Dialogo oscilla tra l’ironia (come quando Simplicio viene bloccato dalla bassa marea) e una certa evoluzione, che lo porta talvolta a ragionare in maniera meno rigida ed
ortodossa.
Anche le scelte stilistico-linguistiche del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo contribuiscono al progetto galileiano di divulgazione delle tesi eliocentriche e di un metodo più “moderno”
di affrontare la scienza e il mondo. Galileo scegli infatti il volgare come strumento per dialogare con il
pubblico più ampio possibile, e non solo con la cerchia dei dotti che conoscono il latino. Al tempo stesso, lo stile limpido e chiaro, più attento a spiegare esattamente i concetti che ad
abbellire retoricamente la pagina, si allontana dalla maniera affettata della prosa barocca per scegliere una
lingua comunicativa ed efficace. L’autore privilegia così la scorrevolezza sintattica e la precisione del lessico, settore della lingua in cui il Dialogo ha avuto il ruolo fondamentale di introdurre una moderna terminologia scientifica.
Riassunto
La prima giornata si apre con la negazione, per
voce di Salviati, della distinzione tra mondo celeste e mondo terrestre, cioè uno dei capisaldi
della fisica aristotelica, e con la
contestazione della perfezione del mondo, collegata al numero tre (secondo una tesi diffusa anche tra i pitagorici). Fondandosi sulle osservazioni col cannocchiale, che hanno mostrato l’irregolarità
della superficie della
Luna, e sulla scoperta di nuove stelle nella volta celeste, Salviati confuta anche la teoria sulla perfezione e l’incorruttibilità dei pianeti. Simplicio ribadisce il principio d’autorità e
la validità dell’ipse dixit.
Nella seconda giornata, dopo le critiche rivolte
a Simplicio, vengono confutate le teorie a favore della staticità della terra e viene riproposta
la questione della caduta dei gravi. In entrambi i casi, Salviati fa riferimento al
al principio della relatività galileiana, ovvero quel principio secondo cui, in
un sistema chiuso (come quello dell’uomo sulla terra) non è possibile capire, osservando le
esperienze meccaniche che vi avvengono all’interno, se i suoi enti siano in quiete o in moto.
Nella terza giornata, dopo che Simplicio è stato
attardato da una bassa marea in laguna, Salviati dimostra la rotazione terrestre e sostiene che
solo grazie alla teoria copernicana è possibile dare la spiegazione di quei fenomeni fino ad allora rimasti insoluti o, in alcuni casi, risolti con inutili complicanze. Si discute poi, sempre
sulla falsariga delle argomentazioni galileiane in altre opere, sulla natura delle macchie solari e sull’apparizione di nuove stelle nel firmamento.
La quarta giornata tratta
il problema delle maree, collegato secondo Galileo ai moti di rotazione e
rivoluzione del globo terrestre e da lui posto (seppur erroneamente) alla base del sistema di prove a favore dell’eliocentrismo copernicano.
ORA TOCCA A TE.......
COSA HAI CAPITO? ANALIZZA, SINTETIZZA ED
ESPONI..